Don Giuseppe BERNARDELLI da PEZZAZE, morto a Gussago il 15 Febbraio 1933. Impegnato per una vita, 37 anni, a Gussago con anche il fratello Sacerdote don Giacinto pure lui a Gussago per quasi 50 anni.
![]() Don Giuseppe precede nella tomba il suo Prevosto Mons. Giorgio Bazzani di 8 anni. Ricorrendo gli 80 anni dalla morte di don Giuseppe Bernardelli, 15 febbraio 1933, ricordiamo pure il Parroco di Civine di Gussago, don Giacinto, morto a Gussago nel 1943, fratello di don Giuseppe Bernardelli. I due fratelli Sacerdoti vennero a Gussago, uno dopo l’altro e a breve distanza di mesi, quando a Gussago giunse Parroco, all’Assunta del 1894, don Giorgio Bazzani nativo di Bagolino. Per don Giacinto torneremo a tempo debito ricorrendo, quest’anno, per lui il 70° della morte ed anche il 150° della nascita. Pubblichiamo la foto che di ciascuno dei due fratelli Bernardelli appare sull’immagine a lutto, “Ricordo”, distribuita alla popolazione di Pezzaze e di Civine di Gussago, l’anno 1943 alla morte di don Giacinto. “Ricordo” avuto, recentemente, da una famiglia di Pezzaze e da altra di Civine che utilmente lo hanno conservato sino a questi anni Duemila. Don Giuseppe e don Giacinto furono gli unici figli di Paolina Tanghetti (morta a Gussago, nella casa Curaziale del Beneficio di San Giovanni, primo edificio a destra salendo la ripida strada per la Santissima, ancora esistente negli anni Settanta del Novecento). Infatti, l’anno 1909, nel Registro canonico dei Morti di Gussago, leggiamo: <<1909. 27 aprile: Gussago. Tanghetti Paolina dei ff. Pietro e Brentana Maria, vedova di Bernardelli, di anni 78, ricevuti i S. Sacramenti è morta il 25 corr. Oggi le esequie. (Era madre del Parroco di Civine, e di un Curato di Gussago)>>. [Reg. Morti dal 1900 al 1921. Tavola n.46, n. 41. Parrocchia di S. Maria Assunta in Gussago]. (Ndr. Madre di don Giacinto e di don Giuseppe Bernardelli nativi di Pezzaze, parenti dei Piardi, entrambi viventi ed in cura d’anime in Gussago, Sacerdoti tanto vicini al noto Parroco gussaghese Mons. Giorgio Bazzani originario di Bagolino). [1882, 14 marzo. Muore Apollonio Bernardelli (1821): << fu equo industrioso negoziante, divoto cristiano, sacrificò la sua vita per aderire alla vocazione sacerdotale di due figli (...)>>. <<Alla cara memoria di Tanghetti Paola ved. Bernardelli nata a Bovegno il 25 novembre 1831, morta a Gussago il 25 aprile 1909 (...), i figli sacerdoti Bernardelli Giuseppe e Giacinto>>. [Epigrafe, muro d’ingresso (lato sinistro) Cimitero di Pezzaze - Stravignino]. La suddetta casa curaziale gussaghese posta sulla salita per la Santissima venne abitata anche dal Curato don Egidio Rubagotti, sino ai primi di gennaio del 1963; l’ultimo a dimorarvi, per poco, fu il Curato dell’Oratorio maschile don Enrico Cotelli che, arrivatovi nell’estate del ’63, nell’estate del 1965 si trasferì nel nuovo appartamentino realizzato tra il retro della sala cinematografica e le aule di catechismo, sopra la scala di discesa in Oratorio S. Filippo Neri e sopra il locale bar ritrovo, inaugurato a S. Pietro del 1965. (Furono baristi, primi addetti: Barbarina Longhena dimorante in Via Roma ed il ragazzo Achille Giovanni Piardi). Don Giuseppe Bernardelli, del quale oggi ricordiamo la scomparsa, fu padrino di una delle campane della nostra torre: concerto benedetto il 2 agosto 1931 da Mons. G. Gaggia – Vescovo di Brescia. Il fratello, don Giacinto – Parroco di Civine sino al 1941 – in morte (1943) volle lasciare “fondi” ed una casa perché venisse istituita una borsa di studio per sostenere vocazioni sacerdotali provenienti da Pezzaze, Civine di Gussago. Beneficò pure la comunità di Santa Maria Assunta in Gussago. Tutti e due i fratelli vennero tumulati nella Cappella dei Sacerdoti del nostro Cimitero gussaghese. L’anno 1931, come detto sopra, Gussago inaugura la nuova torre campanaria con anche il nuovo concerto: è la festa patronale dell’Assunta del 15 agosto; sono appena state consacrate, il 2 agosto, le nuove otto campane. Don Giuseppe Bernardelli da Pezzaze, in cura d’anime a Gussago, è padrino di una delle campane (la 5^) del nuovo concerto; è il 2 agosto. Parroco è il suo amico e compagno di scuola Monsignor Giorgio Bazzani, Prelato domestico di Sua Santità. Don Giuseppe contribuì, fortemente, alle spese per il nuovo campanile. All’inaugurazione del nuovo concerto e della torre, il 15 agosto, presenziano ambedue i fratelli, sacerdoti, Bernardelli: don Giacinto e don Giuseppe. Molto di più si dovrebbe dire sulla vita di don Giuseppe Bernardelli spesa a favore della comunità di Gussago della quale fu benefattore in vita ed in morte, rimasto in cura d’anime a Gussago per ben trentasette anni dividendo, come sostiene Padre Giovanni Maria Bontacchio nelle sue note pubblicate nel 1944, “col Padre (N.d.r. Monsignor Giorgio Bazzani) i dolori e le gioie, le ansie e le aspirazioni, in una santa, cordialissima collaborazione. Per quindici anni fu padre degli infermi quale cappellano dell’ospedale, e poi maggiormente si avvicinò alla parrocchia per prestare in essa in modo più completo la sua opera santa. Che fa don Giuseppe? Lo sa il malato, al quale continua a portare col conforto sacerdotale, il conforto della buona parola, suggerita dal suo grande cuore, la cui ruvida veste non ne soffoca le delicate vibrazioni; (…)”. [Pezzaze nella storia e nella sua vita religiosa – ed. 1944 – Pezzaze, Parrocchia di S. Apollonio. “Gussago al suo pastore esultando per l’alta onorif. (...)”. 1931- Tipogr. “Morcelliana”]. Per completezza della vita e delle opere di don Bernardelli pubblichiamo la nota che segue, tratta da un libro a stampa dell’anno 1931. don GIUSEPPE BERNARDELLI e don GIORGIO BAZZANI. ““DUE FIORI. Anche la montagna ha dei magnifici fiori che hanno qualità caratteristiche. Pare che essa comunichi a queste creature, ordinariamente delicate, un po’ della sua natura: spuntan fra la roccia, e con la roccia sfidano i venti e la tormenta; ed essi alla montagna danno la nota gentile: si accoppiano così la forza e la grazia che esercitano un fascino salutare sull’animo, e attirano in alto, in alto! Sulle rocce scoscese dell’alta Valle Sabbia era cresciuto un magnifico fiore, dalla vivida corolla, temprato santamente alle lotte; fu trapiantato a Gussago, e qui l’attendeva un umile fratello della montagna; due fiori dovevano crescere insieme perché Dio stesso li aveva trapiantati. Da pochi mesi soltanto il Rev. don Giuseppe Bernardelli si trovava tra noi (Ndr. Gussago 1894), quando il Signore c’inviò il nostro veneratissimo Pastore (Ndr: don Giorgio Bazzani), e ne divenne il figlio amatissimo, che per 37 anni divise col Padre i dolori e le gioie, le ansie e le aspirazioni, in una santa, cordialissima collaborazione. Per 15 anni fu padre degli infermi, quale Cappellano del nostro Ospedale, e poi maggiormente si avvicinò al Padre (Ndr: don Giorgio Bazzani), per prestare in parrocchia in modo più completo la sua opera santa. Che fa don Giuseppe? Lo sa il malato, al quale continua a portare col conforto sacerdotale, il conforto della parola buona, suggerita dal suo grande cuore, la cui ruvida veste non ne soffoca le delicate vibrazioni; lo sa il povero cui tende la mano con quella spontanea semplicità con la quale compie ogni suo buon atto; lo sanno le anime che accorrono fidenti al tribunale della penitenza, ove Egli resta per lunghe ore a trasmettere il divino mistero del perdono. Chi non Lo ricorda durante l’epidemia del ’18? Quando anche il nostro venerato Pastore (Ndr: don Giorgio Bazzani) fu tra i più gravemente colpiti dal terribile morbo, don Giuseppe, l’unico Sacerdote rimasto incolume, dopo aver accompagnato all’ultima dimora i nostri Morti, dovette spesso prestare il suo aiuto per comporli pietosamente nella fossa, compiendo con amore verso di loro anche quest’ultimo atto di carità. E questo Sacerdote (Ndr: don Giuseppe Bernardelli) dalla rude apparenza, fu visto piangere dinanzi all’Altare, invocando la guarigione del Padre (Ndr: don Giorgio Bazzani), per la cui preziosa esistenza trepidava ogni cuore; e intenerirsi come un fanciullo quando il Signore Lo tornò risanato. I nostri bimbi, col fine intuito dell’infanzia sanno che don Giuseppe Bernardelli è un <<burbero benefico e buono>> e lo amano con particolare affetto. A tutte le opere sorte dal cuore del Padre (Ndr: don Giorgio Bazzani), e a cui Questi diede spiritualmente e materialmente la vita, don Giuseppe aggiunse il suo prezioso contributo: all’Oratorio maschile, alla nuova torre e ai magnifici bronzi (Ndr: dell’Agosto 1931). Così i due fiori di montagna vivono da tanti anni insieme in Gussago; in modo diverso, come diversi i disegni e i fini di quella divina Provvidenza che li congiunse, la quale è sempre <<giusta nelle sue vie e santa nelle opere sue>>; ma pur con queste provvidenziali differenze, essi hanno comuni caratteristiche: le robuste radici nella mistica Pietra su cui poggia la Chiesa, e il cuore colla nostalgia delle purissime vette. E a chi domanda desioso col salmista: <<Quis ascendet in montem Domini?>>. Chi ascenderà la montagna del Signore? Essi rispondono colla santità delle loro opere: <<Innocens manibus et mundo corde!>>. Gussago, XV Agosto MCMXXXI – Festa dell’Assunta””. (La storia DUE FIORI viene pubblicata l’anno 1931, quando sia don Giuseppe Bernardelli quanto il prevosto Mons. Giorgio Bazzani sono ancora in vita). A cura di Achille Giovanni Piardi http://www.gussagonews.it/15-febbraio-anniversario-morte-don-giuseppe-bernardelli/ |
La signoria vostra è invitata
Sabato 19 gennaio 2013 dalle ore 10,00 alle ore 12,30 a Susa presso il Castello della marchesa Adelaide
sarà presentato ufficialmente alle autorità, alle associazioni, agli operatori professionali interessati ed alla cittadinanza
Il Fondo don Gian Pietro Piardi per una comunità solidale.
Il Fondo, che ha caratteristiche onlus, nasce dall’esigenza di onorare la memoria di don Piardi e dalla volontà di offrire un moderno strumento filantropico alla comunità della valle di Susa. Volontà dei fondatori è mettere a disposizione gratuitamente per chiunque sia interessato ( enti, persone fisiche e società) un mezzo per realizzare al meglio e senza le incombenze amministrative e burocratiche, i propri obbiettivi filantropici.
Durante la mattinata saranno illustrate le potenzialità dello strumento e le opportunità offerte a tutta la cittadinanza ed alle associazioni. Programma :
(Moderatore : G. Di Marca) Durante la mattinata sarà allestito un banco a cura di Poste italiane con uno speciale annullo filatelico dedicato all’evento. La festa proseguirà nel pomeriggio….
(Per la cena è gradita la prenotazione) Durante il pomeriggio, fino alle 17,30, sarà allestito un banco a cura di Poste italiane con uno speciale annullo filatelico dedicato all’evento. --- Per la figura di Don GIAN PIERO PIARDI, un contributo, vedi http://www.piardi.org/persone/p01.htm |
PEZZORO E I PIARDI http://www.piardi.org/luoghi/pezzoro.htm |
Don DAMIANO RAZA da Pezzaze
Quanto pubblicato in I PIARDI di facebook:
Un Omaggio ad un Pezzazese imparentato (?), un po', con i PIARDI di PEZZAZE.
Don DAMIANO RAZA da Pezzaze sarà ordinato Sacerdote, Sabato 9 giugno in Duomo Cattedrale di Brescia. Il Diacono Don Damiano Raza, di anni 28, della "Parrocchia Sant’Apollonio Vescovo di Brescia in PEZZAZE" riceverà l’ordinazione sacerdotale dal vescovo Mons. Luciano Monari, sabato 9 giugno in Chiesa Cattedrale a Brescia. I fedeli gussaghesi di Santa Maria Assunta in Gussago ed i ragazzi dell’Oratorio ricordano sicuramente il Pezzazese DAMIANO che nel primo e secondo anno del corso teologico di studi svolse il servizio festivo a Gussago S. M. Assunta. Allo stesso modo lo ricordano i fedeli della Parrocchia San Girolamo in Civine di Gussago che lo videro condecorare all’organo le cerimonie religiose e tenere un natalizio concerto d’organo il giorno di Santo Stefano di qualche hanno fa. Con la presenza, seppur momentanea, di don Damiano Raza a Civine la Contrada gussaghese ha stabilito nella continuità un bel rapporto tra la popolazione di Pezzaze e la propria; infatti, da Pezzaze era pervenuto l’antico Parroco di Civine – San Girolamo Don Giacinto Bernardelli (a Gussago dal 1894 al 1943) ed, ancora, a Civine arrivò Parroco Don Vincenzo Luigi Iora, rimanendovi per più di venti anni sino al 1998, una volta lasciata la cura pastorale di Pezzaze. Gussago vide, in passato, la presenza di altro sacerdote pezzazese di nascita, il Rev. Don Giuseppe Bernardelli – Curato della Parrocchia centrale e Cappellano del Richiedei sino alla morte avvenuta l’anno 1933; padrino, nell’agosto 1931, di una delle più grandi campane della nostra torre campanaria. Don Giacinto e Don Giuseppe Bernardelli furono fratelli, unici figli maschi dei coniugi Apollonio e Paolina Tanghetti da Pezzaze. Ora le due Comunità Parrocchiali gussaghesi con quella di Pezzaze continuano nella solidale tradizione pastorale e cura d’anime avviata con la presenza a Civine, secoli addietro, di Don Tegotti da Lavone di Pezzaze, sceso dalla Val Trompia il 29 settembre 1688. (Achille Giovanni Piardi da GUSSAGO)
Da GUSSAGONEWS, per Don DAMIANO
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Lo scapolario a Pezzaze l'anno 1966 al tempo di don Lupezza |
Da "I PIARDI". I PIARDI NEL MONDO - LOS PIARDI EN EL MUNDO - OS PIARDI NO MUNDO ![]() Il 19 gennaio scorso è stato il tuo “Dies Natalis”. GUARDACI DAL CIELO, Don! Come facevi, quando stavi fisicamente con noi PIARDI tutti. L'amore tuo non ci mancherà sicuramente e noi ci impegniamo a tenerti dentro noi stessi, nel cuore e nell’anima; come sarebbe possibile dimenticarti? TE NE SEI ANDATO là dove ci ritroveremo un giorno (Ariidìs; ‘n se èt, ‘n de o l’oter!): l’uomo passa ad una vita nuova, trasformata non tolta! Volevamo parlare di te ai nostri figli, nipoti, pronipoti come modello, …non abbiamo fatto in tempo ed ieri (Domenica 22 gennaio 2012, all’indomani del tuo funerale) la Sacra scrittura (la Parola di Dio e del Signore Gesù) ci ha ammonito: “CHI HA TEMPO NON ASPETTI TEMPO”; “IL TEMPO è COMPIUTO ed il REGNO DI DIO è VICINO”; “…Giacomo e Giovanni lasciarono loro padre ZEBEDEO nella barca di pesca con i garzoni e andarono dietro a Lui”. Lo stesso fecero Simon Pietro e suo fratello Andrea. Si tratta di compiere la scelta della nostra vita! Tu, nostro caro Don GIAN PIERO, l’hai fatta la “Scelta”, sin da sempre e per sempre; infatti, così è stato sin dal 29 giugno 1969 quando ti venne detto “DUC IN ALTO” (Prendi il largo…). Ora, secondo quanto scritto da S. Paolo a Timoteo (2^, cap. 4), tu hai definitivamente “Sciolto le vele”, dopo aver combattuto la buona battaglia ed aver conservato la Fede. Aiuta pure noi ad essere degni del tuo fattivo e solidale esempio; continuatori della primizia di essere uomini per l’uomo, come lo sei stato tu! Ognuno nel suo status.
In questo momento noi Piardi di “I PIARDI NEL MONDO sicuramente e noi ci impegnamo a tenerti dentro di noi, nel cuore e nell'anima; come sarebbe possibile dimenticarti. TE NE SEI ANDATO là dove ci ritroveremo un giorno: l'uomo passa ad una vita nuova, trasformata non tolta! Volevamo parlare di te ai nostri figli, nipoti, pronipoti come modello, ...non abbiamo fatto a tempo ed ieri (Domenica 22 gennaio 2012) le sacre scritture ci hanno ammonito:"CHI HA TEMPO NON ASPETTI TEMPO"; "il TEMPO è COMPIUTO e il REGNO DI DIO è VICINO"; "... Giacomo e Giovanni lasciarono loro padre ZEBEDEO nella barca con i garzoni e andarono dietro a Lui". Lo stesso fecero Simon Pietro e suo fratello Andrea. Si tratta di compiere la scelta della nostra vita! Tu, nostro caro Don Gian Piero, l'hai fatta la scelta, sin da sempre e per sempre!---In questo momento NOI PIARDI di "I PIARDI NEL MONDO"sicuramente e noi ci impegnamo a tenerti dentro di noi, nel cuore e nell'anima; come sarebbe possibile dimenticarti. TE NE SEI ANDATO là dove ci ritroveremo un giorno: l'uomo passa ad una vita nuova, trasformata non tolta! Volevamo parlare di te ai nostri figli, nipoti, pronipoti come modello, ...non abbiamo fatto a tempo ed ieri (Domenica 22 gennaio 2012) le sacre scritture ci hanno ammonito:"CHI HA TEMPO NON ASPETTI TEMPO"; "il TEMPO è COMPIUTO e il REGNO DI DIO è VICINO"; "... Giacomo e Giovanni lasciarono loro padre ZEBEDEO nella barca con i garzoni e andarono dietro a Lui". Lo stesso fecero Simon Pietro e suo fratello Andrea. Si tratta di compiere la scelta della nostra vita! Tu, nostro caro Don Gian Piero, l'hai fatta la scelta, sin da sempre e per sempre!---In questo momento NOI PIARDI di "I PIARDI NEL MONDO"- LOS PIARDI EN EL MUNDO - OS PIARDI NO MUNDO” a nome dei familiari stretti di Don GIAN PIERO dimoranti nel Torinese e nostro RINGRAZIAMO tutti Voi, carissimi, che così fortemente in numero e sentita partecipazione siete stati Sentiamoci uniti noi tutti: 1761 PIARDI, impegnati a far conoscere in famiglia il nome e le opere del nostro DON GIAN PIERO. Pezzaze di Val Trompia (Brescia), 23 Gennaio 2012. “I PIARDI NEL MONDO” (Achille)sicuramente e noi ci impegnamo a tenerti dentro di noi, nel cuore e nell'anima; come sarebbe possibile dimenticarti. TE NE SEI ANDATO là dove ci ritroveremo un giorno: l'uomo passa ad una vita nuova, trasformata non tolta! Volevamo parlare di te ai nostri figli, nipoti, pronipoti come modello, ...non abbiamo fatto a tempo ed ieri (Domenica 22 gennaio 2012) le sacre scritture ci hanno ammonito:"CHI HA TEMPO NON ASPETTI TEMPO"; "il TEMPO è COMPIUTO e il REGNO DI DIO è VICINO"; "... Giacomo e Giovanni lasciarono loro padre ZEBEDEO nella barca con i garzoni e andarono dietro a Lui". Lo stesso fecero Simon Pietro e suo fratello Andrea. Si tratta di compiere la scelta della nostra vita! Tu, nostro caro Don Gian Piero, l'hai fatta la scelta, sin da sempre e per sempre!---In questo momento NOI PIARDI di "I PIARDI NEL MONDO" Gian Piero Piardi, Sacerdote. Una VITA per l’UOMO Nasce a Pezzaze (Val Trompia) Brescia il 18 settembre 1942, quando il padre – arruolato negli Alpini – si trova in Russia nelle vicinanze del Don. A due anni e mezzo si trasferisce col padre, Faustino Bortolo (1916) figlio di Giovan Maria PIARDI, e la madre Piera Gallia a SUSA (To). Studia e poi accede al Seminario vescovile e viene ordinato Sacerdote della Chiesa cattolica il 29 Giugno 1969 in SUSA. Celebra la sua “Prima” Santa Messa - come di rito nella terra natìa, di Pezzaze - il 13 Luglio dello stesso anno. Infatti, i Parrocchiani di Pezzaze - chiesa Arcipretale di Stravignino, sotto il titolo di Sant’Apollonio - gli dedicano il “sonetto” che segue. << Guardando a Te Ministro dell’Altare in un tempo in cui l’uomo pur avendo tanto bisogno del prete cerca così poco il suo ministero spirituale trepidanti i cristiani di Pezzaze più sensibili al problema religioso Ti sono uniti nella preghiera. Pezzaze, 13 Luglio 1969 >>. Prima vice parroco alla Parrocchia di Sant’Antonino di Susa e poi a Sant’Evasio in città di Susa, una delle due Parrocchie cittadine, operando il suo apostolato tra le genti d’Italia che nel frattempo, in cerca di lavoro, hanno invaso l’intera Valle di Susa e la Val Sangone, sino ai confini dello Stato e della Nazione, pensose di come creare un’ avvenire alle proprie famiglie in formazione sin dal primissimo dopo guerra. Con la famiglia di Faustino si reca a Susa anche la famiglia di Giuseppe Mattia Piardi da Pezzaze, fratello di Faustino. Nascono in entrambe le famiglie diversi figli: quattro quelli di Faustino e Piera e copiosi anche i nati da Giuseppe Mattia ed Iside Buscio anch’ella da Pezzaze. {[Vedi la Genealogia delle due famiglie PIARDI (Pagina di Don Fabrizio Bregoli – PIARDI MAFÉ) in http://www.piardi.org/persone/p30.htm]}. Come si può leggere nelle precedenti righe di testimonianza proposte in questa stessa pagina ed in quelle, scritte da Don Gian Piero, pubblicate nella pagina dedicata al padre Faustino Bortolo ((http://www.piardi.org/persone/p26.htm)) emerge la figura di Don Gian Piero PIARDI – Uomo, Alpino, Alpinista, Cacciatore, Sportivo, Sacerdote appassionato della sua gente della Val Susa fermamente addentro nelle gioie e partecipe delle tribolazioni di questo eterogeneo popolo segusino anche se ben piantato in Valle, nonostante i forti venti naturali, di umore e di protesta sociale, che spazzano l’intera vallata alpina e le convalli. A SUSA, don Gian Piero non è il Signor Reverendo e neppure don Gian Piero, men che meno il Canonico della cattedrale, ma don Giampy o, addirittura, semplicemente Giampy. Tutti lo conoscono, la gente lo stima, per la sua umanità accompagnata dall’osservanza dei princìpi e delle regole, cristiani e del dignitoso vivere dell’essere, e uomo e donna. Moltissimi, via via, sono gli incarichi di grande responsabilità cui viene chiamato, difficile ricordarli tutti, tuttavia ci proviamo: Giornalista e Direttore del giornale di Valle LA VAL SUSA, poi Presidente della proprietà della stessa testata giornalistica, Presidente della CARITAS Diocesana che lo vede impegnato su tanti fronti, ordinari e nell’emergenza, anche grave, con pesanti e ripetuti risvolti frontalieri (Bardonecchia, Frejus, Moncenisio), componente del Capitolo della Cattedrale di Susa in giovanissima età e non col solo scopo di Cantarvi, in Coro, il mattutino e le lodi, ma “Canonico del Duomo Cattedrale” per essere ancora più attivo verso la gente, la sua gente in cui crede, cresce ed è cresciuto con essa e per essa, soprattutto durante i popolari momenti di crisi, di lotta delle idee, del sano e salubre umano vivere, anche quando vi sono di mezzo (od implicati) i potenti ed i poteri forti con le mani sulle infrastrutture, per nulla attenti alle sofferenze della gente segusina. Carica umana e morale che di sicuro acquisisce, sempre che gliene mancasse di sua propria essendo doppiamente originario di Valtrompia (la paterna Pezzaze e la materna Marmentino). Uomo dell’impegno cristiano e solidale universale. Uomo che ben sa di essere tale e convinto da sempre, soprattutto dal giugno 1969, dello status definitivo ed incancellabile, inalienabile di “TU ES SACERDOS SECUNDUM ORDINEM MELCHISEDEC”: sacerdote, pastore delle gente, del popolo di Dio, qualunque sia la provenienza; fermamente convinto che la sorte definitiva ed ultima di ogni persona - uomo e donna – spetta, compete alla misericordia di Dio, al momento del “Giudizio”. Misericordia che ben ha appreso dai suoi valtrumplini: genitori, familiari, parenti ed amici, conoscenti cresciuti all’ombra (antica ed originale ed autentica) dell’ampio ed accogliente manto della Madonna della Misericordia della chiesa di San Nicolò di ETO di Pezzaze – terra dei Piardi e di quello che veste la Madonna della Misericordia di Savenone di Pezzaze venerata da cinque secoli nell’importante mariano santuario montano di Bovegno. Misericordia invocata, e da sempre, anche dalla Madonna della Stella (Santuario posto sulla sommità del colle che sovrasta le località di San Vigilio di Valtrompia e di Gussago in Franciacorta, che consente una veduta a 360 gradi che si estende a tutta la Franciacorta, appunto, per giungere sino all’Arco appenninico. Visitato da Don Gian Piero a settembre del 2008). Parroco di ed in diverse altre Parrocchie della Diocesi di Susa, quasi mai in una sola Comunità, anzi quasi sempre con la responsabilità e la condivisione delle aspettative e delle angosce della gente di diverse Parrocchie contemporaneamente. Conoscitore impegnato sul campo delle problematiche umane ed umanitarie della gente segusina è uomo e sacerdote universalmente stimato. Responsabile per moltissimi anni della Pastorale del lavoro e dei migranti della Diocesi Segusina all’ombra di San Giusto. Ricopre la carica di Presidente dell'Istituto per il sostentamento del Clero diocesano di Susa, è Cappellano di alcuni sodalizi segusini; diresse, e scrisse con altri, per più di dieci anni, la pubblicazione annuale "Raccontavalsusa"; ha insegnato nelle scuole di Susa e dintorni. E’ penna facile e sciolta anche e soprattutto su temi difficili e spigolosi, ha la capacità di giungere immediatamente al sodo, all’essenziale, non demorde ne nella vita ne nell’azione e neppure nel discorrere e nel conversare; è tenace e coriaceo anche nella prova e nel far valere la ragione, nell’aiutare l’altro, gli altri a capire ed a comprendere ma è allo stesso tempo un signor ascoltatore dell’animo umano ancor più di quello tribolato ed in attesa di parole di speranza. E’ don Gian Piero Piardi da PEZZAZE, uomo e Sacerdote di Cristo per l’uomo. Alcune sue parole scritte(ci) nel giugno 2000, quale presentazione del nostro Volume 2° I PIARDI: << (...). Ho però affermato che la storia già scritta ci induce a progettare la storia ancora da scrivere. E' gioco forza, a meno di tradire le nostre origini, progettare in sintonia; cogliere gli elementi portanti del passato per traghettarli, 'rinnovati nell'anima', nel terzo millennio. E' necessario sapersi mettere in ascolto di quanto ci giunge dal passato per cogliere in tutte la sua evidenza il presente e avere il coraggio di pensare in grande il futuro. (...) >>. Il nostro DON GIAN PIERO, oggi 19 Gennaio 2012, raggiunge i suoi defunti genitori, Faustino - Bortolo e Pierina, e la sorella Renata. A noi, ora, il testimone! (Cesare “Cesarino” PIARDI - Presidente deI PIARDI NEL MONDO, con la l’assistenza di Achille Giovanni Piardi) |
Hardeman, un esempio della solidarietà italiana in Bolivia“Colegio Fé y Alegria p. Remo Prandini Viotti”,in Hardeman(Santa Cruz de la Sierra) - Bolivia PROGETTO “I PIARDI per HARDEMAN”– Aula“I PIARDI NEL MONDO” con annessa attività didattica. Il villaggio trasformato da P. Remo Prandini Viotti, salesiano bresciano, e dalle Missionarie abruzzesi. ![]() BOLIVIA, Hardeman – Che cielo, il cielo di notte ad Hardeman!Le stelle brillano a meraviglia nell’oscurità profonda. Mi ricordano lo spettacolo che si gode sul Gran Sasso d’Italia nelle notti di mezza estate. D’altronde qui non esiste disturbo di luci artificiali, né l’aria è malata di smog. Giorni fa sono partito da Santa Cruz de la Sierra per Hardeman, 180 km. verso nord, cinque ore di viaggio su un vecchio autobus da trenta posti, di quelli che si usano da queste parti in Bolivia, chiamati “micro”, che sembrano muoversi per miracolo. Strada per due terzi asfaltata, gli ultimi sessanta chilometri in terra battuta. Sobbalzi, buche e nuvole di polvere da annebbiare la vista. Lungo il percorso, dopo Montero, ultima città degna di questo nome, piantagioni a perdita d’occhio di canna da zucchero, mais, soia, sorgo, patata e grano, ma anche ortaggi e agrumi. E poi ganados, allevamenti, bovini e ovini allo stato brado, all’ombra di palme o d’imponenti alberi di mango. Hardeman è abbastanza diverso dagli altri villaggi. Lo si vede subito entrandovi da un gruppo di piccole case in muratura, sedici tutte uguali, ma diversamente colorate con tinte pastello. Davvero una novità rispetto alla norma di capanne o sciatte murature. Appena arrivo nell’accogliente dimora delle Missionarie della Dottrina Cristiana, ricca di piante e d’essenze fiorite, di quella singolarità chiedo ragione a suor Anna Andreucci, originaria di Bominaco in provincia dell’Aquila, giunta nel ’89 in questi posti dei quali ormai sa ogni cosa. Per conto dello stato, cura la direzione didattica sulle scuole d’un ampio distretto, muovendosi agilmente, a dispetto dell’età, con il suo fuoristrada. Quel gruppo di case, mi dice, è solo una delle tante opere nate grazie a padre Remo Prandini, il salesiano bresciano tragicamente annegato nel fiume in piena il giorno di Natale del 1986, che qui ad Hardeman è ricordato con affetto e venerato da tutti come un santo, in raccoglimento sulla sua tomba posta accanto all’ingresso della chiesa. Era arrivato nel 1975, padre Remo, in quello che allora era un villaggio di poche capanne nella foresta amazzonica.Portò per undici anni istruzione per i ragazzi, per gli ultimi difesa dei diritti e coscienza civile tra i campesinos che cominciavano a popolare quest’area sperduta della Bolivia, ricompresa tra il Rio Piray ed il Rio Grande, man mano conquistata all’agricoltura a scapito della rigogliosa foresta amazzonica, arretrata ora di alcuni chilometri. Appunto quel “quartiere modello” di Hardeman è uno dei tanti esempi della generosità italiana in ricordo del salesiano. Dopo la sua morte una gran quantità di aiuti sono arrivati dall’Italia, gestiti in loco direttamente dall’Associazione Padre Remo Prandini, costituita a Lodrino in Valtrompia da familiari ed amici del religioso, o dall’Organizzazione Mato Grosso - che già dava una mano a padre Remo - o dalle Missionarie della Dottrina Cristiana con fondi di solidarietà loro pervenuti dall’Abruzzo e da altri benefattori italiani. Le Missionarie, giunte ad Hardeman nell’ottobre ’86, appena due mesi dopo il loro arrivo si trovarono a dover raccogliere e continuare il generoso impegno civile e spirituale di P. Remo, curandosi della scuola e delle altre opere. Ebbene, con aiuti di benefattori italiani, le suore hanno realizzato ben sessanta casette in muratura (circa 50 mq), consegnate alle famiglie più povere. Ogni struttura civile ad Hardeman ricorda questo religioso: il “Colegio P. Remo Prandini”, complesso davvero moderno come un campus, con tutti i cicli di scuola primaria e secondaria; il Centro Medico funzionante 24h, una specie di pronto soccorso con sei posti letto, per partorienti ed altre patologie d’urgenza; la piazza con il monumento a lui dedicato; il Centro polivalente annesso alla chiesa parrocchiale; la Scuola materna gestita dalle Missionarie, realizzata con i fondi della Caritas di Sulmona, la città di Ovidio, in Abruzzo. Le Missionarie, inoltre, stanno costruendo un moderno forno con panetteria, che sarà dato in gratuita gestione ad una cooperativa a tal fine costituita. E’ poi in via di completamento l’ospedale, tre padiglioni per tutte le specialità, dono della solidarietà d’un imprenditore italiano, Sergio Marchetti, giunto in questa zona alcuni anni fa dal Brasile, dov’era emigrato anni prima. Qui ora conduce un’agricoltura intensiva d’avanguardia, dando molta occupazione. Tutte le modernità di Hardeman portano dunque l’impronta italiana, un vero orgoglio. Ma punto di riferimento del paese sono le Missionarie, in particolare le suore abruzzesi: madre Maria Grazia Lepore - la superiora, nata a Corfinio in provincia dell’Aquila, nominata cittadina onoraria di Hardeman, che sovrintende alle ragazze ospiti della casa, ai laboratori di sartoria ed alla scuola materna - e suor Anna Andreucci, alla quale tutti si rivolgono anche per le sue capacità nelle relazioni con le autorità costituite. Ed è proprio vero. Il 18 luglio scorso (2008) era gran festa ad Hardeman. Si celebrava il 40° anniversario dalla fondazione e il villaggio imbandierato viveva un’atmosfera di fervore in ogni suo cittadino. Davanti la sub-alcaldia - il municipio sta a San Pedro - un grande schieramento di autorità giunte per l’occasione da Santa Cruz: il rappresentante del Governatore, il vice Prefetto, il Provveditore all’Istruzione, il Direttore della Sanità del Dipartimento, un consigliere del Dipartimento (Regione), il Sindaco e varie altre figure istituzionali. Il cerimoniale prevedeva, prima che l’intera comunità di Hardeman sfilasse con colori ed insegne sociali (scuole, professioni, mestieri, sindacati e associazioni) davanti alle autorità, una lunga serie di discorsi ufficiali. Quasi tre ore d’interventi politici sullo stato di salute del paese, sulle opere in programma per migliorarne il volto, sugli impegni promessi per il futuro, con intermezzi musicali di Aldo Peña, noto cantautore boliviano. Richiesta d’un intervento, anche suor Anna Andreucci, ha portato il suo contributo. Discorso conclusivo il suo, da vox populi. Rispettoso nei toni, ma vigoroso quanto lucido sui più importanti problemi ancora irrisolti. Ha richiamato ciascuna autorità alle proprie responsabilità ed all’assunzione dinanzi al popolo d’impegni veri e precisi, anche riguardo i tempi di soluzione. Ne ha elencato le priorità, quali la costruzione della strada in asfalto almeno fino ad Hardeman e d’una barriera che eviti al paese le periodiche inondazioni dal Piray, il rilascio urgente delle autorizzazioni necessarie per il completamento e l’apertura dell’ospedale, il trasferimento ad Hardeman, in quanto paese più popoloso, della sede del distretto scolastico. Ciascuna autorità s’è sentita in dovere di fornire assicurazioni puntuali. Suor Anna dava a loro una stretta di mano, ricordando che nella tradizione italiana quel gesto conta più d’un contratto. Queste le Missionarie della Dottrina Cristiana ad Hardeman. Non solo infaticabili costruttrici di progresso e buone opere, ma anche riconosciute figure di Difensore civico. Chi l’avrebbe mai detto! [giovedì 31 luglio 2008 di Goffredo Palmerini]. http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article3750
BOLIVIA, Santa Cruz de la Sierra– Amerigo Vespucci la definì un paradiso terrestre. Tre secoli dopo il naturalista Alcide Dessalines d’Orbigny, che nel 1830 la girò in lungo e in largo, descrisse la Bolivia nel “Viaggio nell’America meridionale” come una “sintesi dell’universo” per la varietà dei paesaggi che spaziano dalla cordigliera andina ai grandi altipiani, dalle valli alle pianure ricche di fiumi, vestibolo alle meraviglie della foresta amazzonica. Ad est dell’altipiano si snoda la Cordigliera Reale con centinaia di vette sopra i cinquemila (come l’Illimani che domina La Paz), ad ovest la Cordigliera Occidentale, con alte cime vulcaniche (il Sajama supera i 6500 metri), poi sempre sull’acrocoro i grandi laghi Titicaca e Poopò, i deserti di sale di Uyuni e Coipasa, le lagune Verde e Colorada. Vette ed orizzonti sembrano fondersi con il cielo. Nelle valli il clima è mite e la natura rigogliosa. In pianura terre fertili danno raccolti in tutte le stagioni, le foreste amazzoniche pregiati legnami. E poi gas e petrolio nella regione del Chaco, al confine con il Paraguay, per non parlare degli enormi giacimenti d’argento, stagno, rame, oro ed altri minerali, che hanno segnato la terribile storia di sofferenze e sfruttamento dei nativi boliviani, indios quechua ed aymara (60%), meticci e guarani (30%), il resto sono bianchi. Quando Diego Halpa, un indio quechua, nel 1544 scoprì l’argento del Cerro Rico a Potosì, non si rese conto che toglieva il coperchio ad un vaso di Pandora. In quei mesi erano arrivati in Bolivia gli invasori spagnoli. Carlo V, il sovrano sul cui regno non tramontava mai il sole, nel 1555 già decretava Potosì “città imperiale” per sfruttarne le immense miniere d’argento. Cominciava così la storia d’indicibili sofferenze per gli indios, lastricata da almeno otto milioni di morti per arricchire la Spagna, un vero etnocidio nelle miniere d’argento di Cerro Rico durato quasi quattro secoli, poi in quelle di mercurio quando lo si usò per la depurazione dell’argento, quindi in quelle di stagno, fino ai tempi di Patiño, il tristo magnate boliviano d’America, finiti negli anni Cinquanta del Novecento. Nei secoli precedenti quel fiume d’argento dall’altipiano all’Europa faceva morti e tragedie alla sorgente, alla foce ingrassava lo sperpero spagnolo, alimentava la prima inflazione della storia ed il nascente capitalismo europeo, come pure l’inizio della rivoluzione industriale. Questa, in pillole, la Bolivia: grande tre volte e mezzo l’Italia, quasi 10 milioni d’abitanti, con il reddito pro capite più basso dell’America Latina. Dunque un popolo povero, ma gentile e gioviale, con una storia segnata dall’instabilità politica, specie nel Novecento, tra governi militari ed una rivoluzione nel 1952, tra conati di guerriglia (qui nel 1967 fu catturato ed ucciso Ernesto “Che” Guevara) e colpi di stato, e qualche scampolo di democrazia. La Bolivia deve il nome a Simon Bolivar, il libertador venezuelano ispirato ai princìpi della rivoluzione francese che vi arrivò e vi restò un anno, lasciando nel 1826 una bella Costituzione rimasta lettera morta fino ad oggi. Ora è una repubblica presidenziale, dal 2005 è capo di stato e di governo Evo Morales, per la prima volta un indio: tempo di forti contrasti nel Paese, scosso da spinte autonomistiche e finanche da un referendum revocatorio del Presidente, in agosto. Eppure la Bolivia è una terra molto ricca: giacimenti minerari, risorse energetiche nel sottosuolo, un’agricoltura potenzialmente generosa dalle valli alla foresta amazzonica, l’allevamento di bestiame d‘ogni specie. Poi il turismo, ancora in embrione, per le sue bellezze naturali e la sua storia, dagli Incas alle reduccion (Concepcion, San Ignacio, San Rafael, San Xavier e San Josè de Chiquitos, dichiarate nel 1990 dall’Unesco patrimonio dell’umanità) delle Misiones dei Gesuiti nella foresta amazzonica, che operarono fino alla loro espulsione decretata dai sovrani di Spagna e Portogallo nel 1767, ma della cui presenza restano splendide vestigia nelle magnifiche chiese di legno e nella musica barocca, specie grazie al religioso svizzero Martin Schmid, architetto e musicista. A Santa Cruz de la Sierra, nella zona piana della Bolivia, sono arrivato da alcuni giorni per conoscere da vicino una speciale emigrazione abruzzese. Santa Cruz è una città che supera i due milioni d’abitanti, ben ordinata urbanisticamente in una decina d’anelli concentrici di grande viabilità. E’ la capitale economica del Paese, per industrie, agricoltura, gas naturale e servizi, ma anche per il traffico della coca, mai radicalmente estirpato. Qui c’è l’aeroporto internazionale più importante che irradia le rotte verso l’interno. E’ luogo di richiamo dagli altipiani, forte è il processo d’inurbamento. E’ poi punto di partenza per la penetrazione nella foresta dell’Amazzonia boliviana. Da qui padre Remo Prandini, un salesiano originario di Lodrino, in Valtrompia, nel 1975 partì per penetrare fino ad Hardeman, allora villaggio di poche capanne. Là il religioso bresciano impiantò la sua missione, basata sulla formazione scolastica e sulla difesa dei diritti elementari di quella gente: un “don Milani” in una “Barbiana” in versione amazzonica. Padre Remo lottò infatti per undici anni, a rischio della vita, per affermare il diritto dei campesiños alla terra, educando nella sua scuola i loro figli al sapere ed alla consapevolezza dei propri diritti. Girava in quei posti a piedi, a cavallo o con la sua bicicletta, fino alla sua tragica morte a 44 anni, nel giorno di Natale del 1986, quando recandosi in un villaggio con qualche giocattolo per i più piccini nello zaino, cadde da un ponte di tronchi inghiottito dal fiume in piena per le piogge dell’estate. Rimane luminosa la sua testimonianza che negli anni ha dato frutti copiosi di generosità, opere e vocazioni. I suoi, giunti dall’Italia per riportarne indietro le spoglie, si trovarono di fronte alla decisa opposizione dei campesiños, arrivati persino a “sequestrare” il vescovo per tenere padre Remo per sempre. Egli infatti riposa nella sua missione, la tomba davanti la chiesa di Hardeman, tra i suoi poveri che lo amano e lo visitano ogni giorno. I lodrinesi compresero. Anzi, da allora sono diventati di casa. Attraverso l’associazione nata a Lodrino in ricordo di padre Remo, hanno riversato una valanga d’aiuti facendo di Hardeman un centro d’istruzione, di formazione professionale e di progresso civile per questa povera gente. Nel 1985, un anno prima della scomparsa, padre Remo era venuto in Italia. Era passato anche all’Aquila, a parlare di missioni in Bolivia alle Missionarie della Dottrina Cristiana, Congregazione nata nel capoluogo abruzzese nel 1890 ad opera di madre Maria Francesca De Sanctis - originaria di Castiglione a Casauria, un paese lungo la valle del Pescara - e dell’arcivescovo dell’Aquila, mons. Augusto Vicentini. Donna assai tenace, con tre sue sorelle e poche altre religiose, madre Maria Francesca seppe dare un fortissimo impulso alla propria Regola diffondendone l’apostolato nelle scuole e nelle parrocchie in tempi allora molto difficili. Nacquero così in pochi decenni, sotto la guida sua e delle Madri che le succedettero, molte case della Congregazione, in Abruzzo come in Puglia, Molise, Marche, Veneto, Lazio, Umbria e Friuli. Con gli adeguamenti alla Regola dopo il Concilio Vaticano II, la Congregazione si apre all’azione missionaria all’estero. Madre Pierina Santarelli, all’epoca Superiora Generale, e madre Nazarena Di Paolo – l’attuale Generale, forte tempra d’abruzzese operosa, nata a Barisciano in provincia dell’Aquila – con la benedizione di Giovanni Paolo II, nell’ottobre 1986 accompagnano in Bolivia le prime sei missionarie, a Santa Cruz e ad Hardeman. Dopo appena due mesi dall’arrivo, con la scomparsa di padre Remo tre di quelle suore raccolgono il testimone della sua opera ad Hardeman, ampliando e gestendo la scuola del villaggio, dove gli abitanti sono oggi diventati quasi 4000, circa 2000 gli alunni da tutta l’area e gli studi vanno fino al livello superiore. Sulla casa, sulla materna e sui laboratori di mestiere sovrintende madre Maria Grazia Lepore, abruzzese di Corfinio – città dei Peligni dove fu usato per la prima volta il nome Italia nella Lega contro Roma, nella guerra sociale (91 a.C.) – con le boliviane suor Julia e suor Marta, mentre dell’intero sistema scolastico di tutta l’area, si cura come direttrice didattica suor Anna Andreucci, di Bominaco in provincia dell’Aquila. A Santa Cruz, intanto, erano restate tre consorelle. Nel barrio Victoria le tre suore cominciano il loro apostolato. Ora in quel quartiere la Congregazione ha una struttura per giovani aspiranti alla vita religiosa che frequentano i corsi della locale Università Cattolica. La casa è diretta da suor Erica, boliviana, coadiuvata da suor Albina De Bellis, abruzzese di Sulmona, da suor Bernadette Tavarozzi, molisana, e da suor Patrizia Timperi, altra abruzzese di Basciano, in provincia di Teramo. Nella grande città, in una villa requisita ad un narcotrafficante (ne parleremo in altra occasione), nel 1990 viene aperta una casa d’accoglienza e formazione per 70 orfane e disagiate. Oggi quella villa, affidata in comodato dalla prefettura, si chiama Hogar Maria Inmaculada. E’ gestita, insieme a suor Betty, boliviana, da madre Alessandra Carosone - nata a Monticchio, frazione dell’Aquila - che cura alla grande anche il carcere di Palmasola. Nel 1997 un’altra grande struttura nasce a Santa Cruz. Costruita in un solo anno, sorge l’Hogar Sonrisa de Mariele, in ricordo di Mariele Ventre, l’indimenticabile Maestra del Coro dell’Antoniano di Bologna, grazie ai fondi raccolti dal “39° Zecchino d’Oro” e da altri benefattori dall’Abruzzo e dal resto d’Italia. E’ un complesso imponente, disposto su un’area di tre ettari, con strutture moderne ed un’organizzazione perfetta. Ospita 130 bambine e ragazze “interne”, che frequentano l’annesso sistema scolastico riconosciuto dallo Stato, dall’istruzione materna alla superiore, aperto anche a frequenze esterne, 800 gli alunni. Campi sportivi, piscina, palestre e laboratori corredano le strutture, alle quali con perizia sovrintende madre Diomira Doria - tenace abruzzese di Sulmona, dal 1986 una pioniera nel Paese - insieme a sei suore boliviane (le hermanas Teodora, Florinda, Zulma, Laura, Sandra e Asteria), che insegnano e coordinano il personale esterno, quaranta tra docenti ed ausiliari. Tra qualche mese le madrecitas della Dottrina Cristiana apriranno un’altra casa in Bolivia, nella città di Cochabamba. Dal 1995 la Congregazione ha attivato una missione anche in Africa, nel Congo francese. C’è una bella fioritura di aiuti dall’Italia, per sostenere la crescita sociale ed umana delle giovani ospiti boliviane negli Hogar delle Missionarie della Dottrina Cristiana, con le adozioni a distanza. Una forma diretta di solidarietà davvero efficace che porta a conoscere da vicino le povertà del mondo, senza sbrigativi scarichi di coscienza cui sono abituate le società opulente, alle quali dà fastidio la visione della sofferenza. E’ poi un valido supporto a queste religiose, da tutti apprezzate e rispettate in Bolivia, alle quali non manca mai il sorriso e le cui giornate di lavoro non conoscono soste. In loro, infine, riconosco con orgoglio la tenacia e la determinazione tipiche dell’indole abruzzese, anche in coloro che in Abruzzo hanno solo realizzato la propria formazione religiosa, ricevendo comunque di quell’indole l’imprinting. Dunque una bella comunità abruzzese in terra boliviana, di recente arricchitasi con l’arrivo di Mons. Luciano Suriani, Nunzio apostolico in Bolivia. Nato ad Atessa, in provincia di Chieti, Mons. Suriani è Vescovo di Amiternum, l’antica diocesi della città sabina - patria di Caio Crispo Sallustio, grande storico romano - situata poco distante dal luogo dove molti secoli dopo sarebbe stata fondata L’Aquila. [martedì 22 luglio 2008 di Goffredo Palmerini, gopalmer@hotmail.com – componente del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo (Cram)[ http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article3750
“Colegio Fé y Alegria p. Remo Prandini Viotti”,in Hardeman(Santa Cruz de la Sierra) - Bolivia, col PROGETTO “I PIARDI per HARDEMAN”– Aula“I PIARDI NEL MONDO” con annessa attività didattica:
“El amor ni se vende ni se compra! Se dà” [... scritti di padre Remo Prandini - Viotti. Lodrino in Val Trompia, 1942 – Hardeman, †Natale 1986 (Bolivia)] (L’amore non si vende ne si compra! Si dà)
Associazione AMICI di PADRE REMO – Onlus. Codice IBAN, per bonifici bancari: IT 44 F 08396 54540 000000500267 Banca della Valtrompia – Gardone Val Trompia -- Referenti: Gitti Serenella 030 8913349 – Freddi Giambattista 030 8966047 VEDI: http://www.piardi.org/solidar.htm Solidarietà
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